“ Se si escludono istanti prodigiosi e singoli che il destino ci può donare, l’amare il proprio lavoro (che purtroppo è privilegio di pochi) costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra: ma questa è una verità che non molti conoscono …… ….. esiste una retorica, non cinica ma profondamente stupida, che tende a denigrarlo, dipingerlo vile, come se del lavoro, proprio e altrui, si potesse fare a meno, come se chi sa lavorare fosse per definizione un servo, e come se per converso, chi lavorare non sà, o sà male, o non vuole, fosse per ciò stesso un uomo libero. E’ malinconicamente vero che molti lavoratori non sono amabili, ma è nocivo scendere in campo carichi di odio preconcetto: chi lo fa, si condanna per la vita a odiare non solo il lavoro, ma se stesso e il mondo. Si può e si deve combattere perché il frutto del lavoro rimanga nelle mani di chi lo fa, e perché il lavoro stesso non sia una pena, ma l’amore o rispettivamente l’odio per l’opera sono un dato interno, originario, che dipende molto dalla storia dell’individuo, e meno di quanto si creda dalle strutture entro cui il lavoro si svolge. “ Primo Levi “La chiave a stella” pp. 78-79 Questa pagina del libro di Primo Levi, “La chiave a stella” rappresenta la migliore descrizione di come dovrebbe essere considerato il lavoro. Come si legge, “amare il proprio lavoro è privilegio di pochi, ma è proprio questo il segreto della felicità sulla terra”. Mediamente dedichiamo otto ore al giorno al lavoro, un terzo della nostra giornata e della nostra vita; ma sappiamo che gran parte dei lavoratori dedica alla propria attività professionale un tempo ben più prolungato se consideriamo lo stress, i pensieri, il viaggio per raggiungere il luogo di lavoro, etc. E’ un dato di fatto che il lavoro occupi la fetta più consistente della vita, ed anzi, oserei dire: della nostra unica vita. La cosa migliore da fare, sia per vivere meglio, sia per raggiungere più facilmente il successo, è quella di amare il proprio lavoro, ovvero trasformare in professione la nostra passione. Per riuscire a far diventare realtà questo sogno, occorre un momento di ricerca interiore, che ci permetta di scoprire ciò che il nostro inconscio già conosce alla perfezione. Come primo passo bisogna compiere “una ricerca del proprio talento”, ovvero la propria vocazione, in poche parole: il dono che ognuno di noi possiede. Questa ricerca può essere lunga, difficile, impegnativa, bisogna provare e riprovare fino a quando saremo sicuri di aver trovato la nostra strada. Qualcuno è più fortunato: già dall’infanzia riesce a conoscere il proprio talento, qualcun altro può metterci tutta la vita. La maggior parte delle persone, però, svolge un’attività professionale diversa dalle proprie passioni. Poiché per vivere vi è necessità di lavorare, giustamente, non tutti possono permettersi di attendere a lungo una fantomatica illuminazione interiore. La vera sfida, e quindi “il segreto della felicità sulla terra”, è quella di riuscire ad amare quotidianamente il proprio lavoro, appassionandosi ad esso grazie ad entusiasmo e appartenenza. “Puoi fare qualsiasi cosa se hai entusiasmo. L’entusiasmo è il lievito che permette alle tue speranze di elevarsi fino alle stelle” [Henry Ford] Il primo step per accendere motivazione e passione nel lavoro è proprio questo: l’entusiasmo. Vivere il lavoro in maniera “appassionante” dipende dalla spinta soggettiva presente in ognuno di noi; riuscire a vedere una sfida in ogni aspetto lavorativo consente di trasformare la routine in occasione per motivarsi. In questo modo diventa avvincente raggiungere l’obiettivo, concludere un affare, vendere un prodotto, ma anche migliorare qualcosa rispetto al giorno precedente, far sorridere un malato in ospedale, aumentare l’interesse degli alunni, etc. Tutte queste sfide dipendono dall’ambito professionale in cui si lavora, ma occorre tenere ben a mente che non esiste attività lavorativa in cui non si possano trovare sfide da vincere. Ovviamente, nella sfida, il livello di difficoltà e la posta in gioco saranno differenti a seconda delle responsabilità in capo al lavoratore. Ma la cosa fondamentale è crearsi, ogni giorno, stimoli ed avvincenti prove da affrontare. E’indispensabile quindi porsi obiettivi chiari, ed impegnarsi giorno dopo giorno per raggiungerli; ogni sfida deve trasformarsi in un risultato tangibile. Piano piano le prove auto-definite diverranno sempre più difficili ed impegnative, ma la naturale conseguenza sarà rappresentata dalla soddisfazione per il raggiungimento dell’obiettivo, dall’entusiasmo per aver lottato, e dall’aumento di autostima personale. Esempi di risultati tangibili possono essere: apprendere nuove procedure aziendali senza alcun aiuto - risolvere autonomamente una situazione complessa - ottenere una promozione - partecipare al miglioramento del clima aziendale - sentirsi parte integrante del team - etc. “E’ noioso desiderare sempre e non soddisfarsi mai” [Honorè de Balzac] Altro aspetto fondamentale per accrescere la motivazione personale riguarda il senso d’appartenenza. L’entusiasmo, nel lavoro, può aumentare quando una persona si trova emotivamente coinvolta nella propria attività; il senso di appartenenza rende chiunque conscio di essere parte integrante di una squadra per la quale è possibile impegnarsi, sacrificarsi, ma anche condividere le vittorie. Proprio come avviene nel calcio, anche sul posto di lavoro è possibile indossare una maglia, sia pur in senso metaforico. Essere parte attiva di una squadra significa lavorare “con” e “per” i propri compagni, collaborando per raggiungere l’obiettivo, insieme! Appartenenza vuol dire essere consapevoli che dalla propria singola attività dipende il successo o la sconfitta di tutta la squadra, significa impegnarsi costantemente per l’azienda e per i propri colleghi, poiché è grazie a tutti i componenti dell’organizzazione se i risultati saranno raggiunti o meno. Soprattutto nelle aziende dove centinaia di lavoratori svolgono mansioni differenti, ognuno ha il compito di dare sempre il 100% nella propria attività; i risultati dei singoli, sommati tra loro, equivalgono al risultato totale dell’azienda; pertanto quando tra colleghi ci si guarda negli occhi, occorre sempre usare il massimo rispetto, perché è grazie al lavoro di tutti se i risultati saranno raggiunti. Proprio per questo motivo è sempre necessario tenere a mente una parola magica, che può fare la differenza in ogni contesto organizzativo: Collaborazione! Certamente esistono mezzi per accrescere il senso di appartenenza di ogni componente del team; a tal proposito mi viene in mente un aneddoto che mi raccontò un prete che per anni si occupò della gestione dei ragazzi in oratorio. Per spingere i giovani a darsi da fare, a responsabilizzarsi e ad essere motivati, fece stampare delle tessere numerate con il logo dell’oratorio, a simboleggiarne l’adesione ufficiale; dopodiché commissionò delle felpe sempre con il logo ben in vista. Il prete notò che i giovani portavano orgogliosi le proprie felpe anche a scuola, poiché con esse dimostravano al mondo la loro appartenenza. Per ottenere risultati soddisfacenti in termini di produttività, ogni datore di lavoro dovrebbe fare in modo che i propri collaboratori si sentano a tutti gli effetti i “giocatori di una squadra”, pronti a lottare e sacrificarsi per la bandiera. Per fare ciò occorre che l’azienda, anche formalmente, si trasformi in un’organizzazione efficiente. Esistono molti modi per incrementare il livello di appartenenza, uno dei quali è la diffusione della “storia aziendale”. Commissionare e divulgare tra i dipendenti materiale informativo sulle vicende che hanno condotto alla nascita dell’attività stessa, insieme con gli aneddoti che nel corso del tempo hanno portato successi particolarmente importanti, rende i lavoratori galvanizzati di far parte dell’azienda. Ma ancora, diffondere gadget con loghi e simboli aziendali: penne, cravatte, cover per cellulari, berretti, portachiavi, magliette, etc. è un ottimo modo sia per tenere viva la passione dei lavoratori, sia per diffondere il messaggio pubblicitario senza costi onerosi. Uno straordinario esempio che ben rappresenta il “senso di appartenenza” è possibile trovarlo nel Palio di Siena. Tutti conoscono la più famosa e storica corsa equestre che dal 1633 si svolge nella splendida Piazza del Campo. I veri protagonisti di questo evento sono le Contrade, piccoli quartieri cittadini che durante il Palio si sfidano per aggiudicarsi il “drappellone”. Ogni Contrada porta con orgoglio un simbolo, un effige che la rappresenta e la differenzia da tutte le altre. Ma la cosa che veramente colpisce l’attenzione dell’osservatore è l’anima con cui ogni cittadino senese vive il Palio, poiché vincerlo equivale a far primeggiare non sé stessi, bensì una squadra che spesso viene considerata al livello di una famiglia. Ed è per questo motivo che le Contrade sono una vera e propria comunità di persone accumunate dal medesimo senso di appartenenza, che lottano e si impegnano quotidianamente per raggiungere un obiettivo comune. L’impegno dei “contradaioli” non si esaurisce con la fine della corsa (svolta due volte l’anno) ma continua ogni giorno: si svolgono eventi per raccogliere fondi da destinare alla Contrada, si organizzano momenti ricreativi per accrescere lo spirito comunitario; ma non solo, addirittura capita che le Contrade fungono da sostegno umano per i propri “figli” in difficoltà, lo spirito d’appartenenza consente di soccorrersi a vicenda durante i periodi più bui della vita e di uscirne vittoriosi grazie all’aiuto dei propri “fratelli”. “Appartenere a una scuola, significa perdere la propria personalità; non appartenere a una scuola significa abdicare a ogni possibilità di prestigio”. [Gustave Le Bon] Sappiamo benissimo quanto la motivazione sia condizionata dai bisogni, e come questi influiscano su stimoli soggettivi ed incentivi esterni. Ricordare a se stessi il motivo principale per cui ogni mattina suona la sveglia è il primo passo per trovare nuovi stimoli: “grazie al lavoro posso permettermi una casa - un’automobile - posso mantenere la mia famiglia - ho portato i miei figli dal dentista - ho passato giorni indimenticabili in vacanza - ho fatto un regalo a mia madre - etc". In questo senso parliamo di entusiasmo correlato ai frutti della propria attività. Esiste quindi un parallelismo tra i bisogni soddisfatti ed entusiasmo nel lavoro. “Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile”. [San Francesco D’Assisi] FONTI: Primo Levi, La Chiave a Stella, Giulio Einaudi Editore s.p.a. Torino,1978.